Nuova udienza a Bergamo per Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio. La difesa esamina nuovi reperti per chiedere la revisione della sentenza.
La nuova udienza a Bergamo ha preso il via con la difesa di Massimo Bossetti, l’uomo condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio della giovane Yara Gambirasio, che sta cercando nuovi elementi per chiedere la revisione del processo.
Durante questa udienza, la Corte d’Assise di Bergamo esaminerà nuovamente i reperti legati al caso, con l’obiettivo di verificare se esistono prove che possano mettere in discussione la condanna, che si basa principalmente sulla prova del Dna.
I legali di Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, sono impegnati nell’analisi di diversi materiali legati all’indagine. L’ultima possibilità di riesaminare i reperti è stata concessa dalla Corte di Cassazione, che in precedenza aveva respinto altre richieste. Il 7 ottobre scorso, infatti, gli avvocati hanno avuto l’opportunità di esaminare nuovi reperti raccolti durante le indagini. Tra questi, vi sono oggetti personali di Yara, tra cui i guanti, le chiavi di casa e le cuffiette dell’iPod che la giovane aveva con sé la sera del 26 novembre 2010, quando fu rapita.
Oltre a questi oggetti, sono stati esaminati anche altri materiali cruciali, come una corda, una roncola ritrovata a Filago e altri reperti rinvenuti nel campo di Chignolo d’Isola, dove il corpo di Yara fu trovato il 26 febbraio 2011, tre mesi dopo la sua scomparsa. Secondo l’autopsia, la causa della morte della ragazzina fu un mix di ferite e sofferenza, inclusi i danni derivanti dal freddo e dalla fatica. L’obiettivo della difesa è trovare incongruenze o dettagli che possano mettere in discussione la sentenza, permettendo così di avviare una revisione del processo.
Un altro elemento rilevante che ha caratterizzato questo processo è la vicenda legata alla frode processuale. Lo scorso 18 settembre, infatti, è stato archiviato il procedimento che vedeva coinvolta la pm Letizia Ruggeri di Venezia, accusata di frode processuale nell’ambito delle indagini sull’omicidio di Yara. La denuncia era stata presentata dallo stesso Massimo Bossetti, che sosteneva che un giudice e la cancelleria della Corte d’Assise di Bergamo avessero manomesso i reperti legati al processo che lo aveva condotto alla condanna.
Secondo la denuncia, la pm Ruggeri avrebbe preso la decisione di spostare le 54 provette contenenti Dna, precedentemente conservate nel frigorifero dell’ospedale San Raffaele di Milano, dall’ospedale all’ufficio del Corpo di Reati del Tribunale di Bergamo. Tuttavia, il giudice per le indagini preliminari di Venezia, Alberto Scaramuzza, ha stabilito che tale decisione non fosse illegittima. Secondo lui, infatti, non c’erano elementi che suggerissero intenzioni illecite o comportamenti devianti. Questa archiviazione ha dunque chiuso una parte della vicenda legale che aveva sollevato dubbi sull’operato delle autorità coinvolte nel caso.
Con la riapertura del caso e l’esame di nuovi reperti, la difesa di Bossetti spera di poter accedere a nuove prove che possano dimostrare l’innocenza del muratore di Mapello, o almeno sollevare sufficienti dubbî sulla validità della condanna.
Sebbene la sentenza di ergastolo sia stata confermata in tutti i gradi di giudizio, la ricerca di incongruenze o di errori procedurali continua ad alimentare la speranza della difesa di ottenere una revisione del processo. Resta ora da vedere se le nuove prove e l’analisi dei reperti possano davvero portare a una revisione del caso che ha scosso l’opinione pubblica e il sistema giudiziario italiano.
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