L’impegno di Silvia Lamera, scomparsa un mese fa esatto: ora il padre racconta dettagli inediti delle sue battaglie.
Una donna molto appassionata e amata in città, Silvia Lamera, è morta il 23 ottobre 2024, a soli 61 anni, nella sua Stezzano, lasciando un vuoto profondo nel cuore di amici e familiari. La sua morte ha scosso tutti coloro che la conoscevano per la sua straordinaria vitalità, sincerità e per l’affetto che generosamente donava a chiunque le fosse vicino. Silvia era un esempio di umanità, una persona che sapeva portare luce nelle giornate di chiunque la incontrasse, con il suo sorriso e la sua gentilezza senza pari.
Figlia di Antonio Lamera, un noto studioso e membro attivo del gruppo di storia locale, la sua perdita è stata per il padre una ferita devastante. Antonio, poche ore dopo la tragica notizia, ha espresso con commozione il dolore per quella che ogni genitore teme: “Un pezzo della mia vita se ne è andato”. Le parole di un padre che ha visto la sua unica figlia volare via troppo presto, lasciandogli solo il ricordo di una vita insieme che si è interrotta bruscamente.
Il ricordo del padre Antonio
In un momento particolarmente struggente, Antonio ha raccontato il suo incontro con Silvia per l’ultima volta, quando l’ha vista per la prima volta nella bara. Un ricordo che resterà scolpito nella sua mente: “Quando l’ho accarezzata, sono rimasto stupefatto. I suoi lineamenti erano morbidi, freddi sì, ma morbidi, e riuscivo a muoverle anche la testa”. Il medico e gli infermieri gli hanno spiegato che, poiché Silvia si trovava a letto quando è sopraggiunto il colpo mortale e improvviso, i suoi muscoli erano rimasti morbidi. Questa spiegazione ha portato, seppur in modo lieve, un piccolo sollievo al dolore del padre, consapevole di quanto fosse inaspettato e violento l’improvviso distacco da sua figlia.
Il funerale di Silvia si è svolto il 26 ottobre 2024 nella chiesa di Stezzano, una cerimonia che ha visto la partecipazione dei suoi cari e della comunità, che le ha reso omaggio con affetto e commozione. Durante la funzione, Massimo, il compagno di Silvia, ha preso la parola per ricordarla e per condividere alcuni aspetti della sua personalità che l’hanno resa unica: il suo amore per la verità, la giustizia e il suo impegno verso gli ultimi. Silvia, infatti, non era solo una donna dalla grande generosità e sensibilità, ma anche una persona che credeva fermamente nella lotta per i diritti e il benessere degli altri.
Le sue ultime volontà parlano chiaro: Silvia aveva deciso di donare una somma cospicua a quattro case rifugio che accolgono donne in difficoltà per paura di femminicidio e all’associazione Amref, che combatte le mutilazioni genitali femminili. Questo gesto, simbolo del suo impegno a favore di chi soffre, testimonia la sua natura altruista e il desiderio di lasciare un segno positivo nel mondo.
L’arresto in Israele di Silvia Lamera: i documenti inediti
Dopo la sua morte, Antonio ha trovato uno scritto che Silvia aveva realizzato il 20 febbraio 1994, in cui raccontava la sua avventura in Palestina e ha deciso di renderlo pubblico, come si può leggere su Prima Bergamo. A distanza di trent’anni, questo racconto è stato un prezioso dono che ha permesso al padre di scoprire dettagli mai condivisi prima sulla sua esperienza, in particolare su un episodio drammatico che aveva vissuto durante il suo viaggio. Silvia, infatti, aveva partecipato a una missione di solidarietà con il gruppo milanese “Salam, ragazzi dell’Olivo”, che si occupava di affidi a distanza tra bambini palestinesi e italiani. In Palestina, Silvia era stata imprigionata dall’esercito israeliano e liberata grazie all’intervento della Farnesina. Un’esperienza che aveva scelto di non raccontare fino alla sua morte, ma che ora, grazie a questo scritto ritrovato, è venuta alla luce come un tassello importante della sua vita.
“Partiamo da Milano Linate con un volo dell’Alitalia”, scriveva Silvia nel suo diario, raccontando la sua partenza verso Tel Aviv, per poi giungere a Gerusalemme e soggiornare in un albergo modesto gestito da palestinesi. La sua testimonianza di quella Palestina degli anni Novanta, così lontana ma così vicina rispetto alle guerre attuali, è un ricordo che risuona ancora più forte oggi, alla luce delle tragiche vicende che stanno colpendo la regione.